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Danilo e gli stereotipi sui calciatori: “Siamo visti in un altro modo. Sto cercando di influenzare le nuove generazioni di persone”

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Riportiamo un interessante articolo scritto dal capitano della Juventus Danilo, per il portale con il quale collabora, Vida Simples, raccontando un episodio della propria vita che f a riflettere sullo stereotipo del calciatore, come viene visto al giorno d’oggi.

Un giorno, mentre visitavo il castello di Venaria Reale a Torino, la mia casa in Italia, con i miei grandi amici e partner di Voz futura, Pedro Pirim e Felipe Cantieri, alcuni operai che stavano facendo dei lavori di manutenzione lì, mi hanno subito chiesto un paio di informazioni e posto una domanda interessante. “Vuoi dire che anche i calciatori visitano i musei?”. Ho fatto un sorriso un po’ imbarazzato e ho proseguito. Anche durante uno dei miei mille viaggi in giro per il mondo con il mio club, stavo chiacchierando con alcuni membri dello staff e con alcuni compagni per passare il tempo durante il lungo viaggio. Poiché ognuno di noi proveniva da un Paese diverso (l’equipaggio era portoghese), abbiamo parlato in inglese, dove presumibilmente tutti si capivano. A un certo punto, uno dei membri dell’equipaggio mi disse: “Parli molto bene l’inglese, Danilo!”. Ho risposto che era grazie alla mia esperienza a Manchester, dove ho trascorso due anni, e anche perché prima, quando vivevo ancora in Portogallo, avevo già studiato la lingua per conto mio, ma lui ha aggiunto: “Ma non è normale. I tuoi colleghi normalmente non studiano!”.

“È una cosa che mi ha dato molto fastidio. Forse nel recente passato noi giocatori brasiliani in Europa non ci preoccupavamo troppo di questi dettagli (anche se capisco che parlare la lingua del Paese in cui si lavora non è un dettaglio), ma al giorno d’oggi sono sicuro che la maggior parte di noi è un punto di riferimento nei nostri club, per professionalità, leadership, immagine, e questo include parlare bene diverse lingue. Ci portiamo dietro questo stereotipo, che per me non ha più senso, e sto cercando di influenzare le nuove generazioni di persone, non solo di atleti, a cercare una vita meno superficiale e più incentrata su uno scopo che abbia senso per loro, e non sul seguire un’onda già esistente. Essere più riflessivi, agire meno d’impulso e incoraggiare i miei colleghi a rendersi conto del potere della reputazione sono tra i miei principali obiettivi in questo viaggio di “decostruzione”. Non è facile staccarsi dai pregiudizi che sono stati creati e radicati in noi, ma siamo liberi di percorrere la strada che vogliamo, di essere un calciatore, un giornalista, un medico, un autista, una collaboratrice domestica, qualsiasi cosa, e di visitare comunque un museo!”.

Collaborazioni: Juventus Planet.
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