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Chiesa: “L’affetto dei tifosi? Credo che quello che do per la maglia la gente lo vede…”

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Vlahovic Chiesa Rabiot

Federico Chiesa, al canale Twitch della Juventus, ha concesso una lunga intervista dove ha parlato del documentario che ha girato durante il periodo dell’infortunio, e del recente passato in bianconero. Di seguito riportate le sue dichiarazioni.

Il documentario: “Ho parlato con la Juventus poco dopo l’operazione e all’inizio avevano in mente di fare delle piccole puntate su Youtube. All’inizio è partita come una cosa molto più piccola di quello che si è verificato poi su Amazon. Appena me l’han chiesto ho detto subito di si perché mi ha fatto piacere la richiesta, che volessero far vedere alle persone l’aspetto riabilitativo, quanto fosse duro, le difficoltà. Il progetto poi si è evoluto, fino quando han visto che stava diventando interessante e han voluto includere la mia parte privata, la mia famiglia, i miei genitori, la mia ragazza che in quei momenti han fatto la differenza per farmi venire fuori da un momento difficile per la mia carriera. Volevano far vedere le emozioni, gli ostacoli che venivano superati insieme, ma anche quello che provava la gente nello starmi vicino e nell’affrontare questa situazione con me. Mia mamma e mio papà mi han sempre visto in campo, non con le stampelle. Sono emozioni diverse. Mio padre si è rotto il tendine rotuleo sia a destra sia a sinistra, ci erano già passati quindi. Quando sono stato male sono stati i primi a darmi forza. Mia mamma mi disse: ‘Nel calcio capita questo, è uno sport di contatto”.

Rivisto? “L’ho vissuto in prima persona, ovvio che poi il prodotto finale l’ho visto due volte. La prima volta con la mia fidanzata Lucia e ci ha fatto molto ridere vederci insieme sul grande schermo. Poi con la mia famiglia”.

Arrabbiato con qualcuno per l’infortunio: “Parto dal fatto che sicuramente, nell’arco della mia carriera, ho subito interventi più brutti, dove magari ero lanciato in corsa ad alte velocità e venivo buttato a terra. Lì si corre di più il rischio. In quel caso lì, dove mi son fatto male, riguardo l’intervento che non è stato bellissimo però l’obiettivo di Smalling era andare sulla palla. È andato sul pallone, non lo ha fatto con cattiveria. Queste cose nello sport di contatto succedono. Ho visto il mio ex compagno di squadra, Rodrigo Bentancur, a cui faccio l’in bocca al lupo, rompersi il crociato da solo. È bastato pochissimo, son cose che capitano mille volte ma basta una frazione di secondo in cui appoggi male il piede stai poi 6/7 mesi fermo. A volte pensi ‘Cavolo mi son spaccato tutto’ invece ti rialzi”.

Paura in campo: “Quel pensiero l’ho avuto solo i primi allenamenti in cui sono tornato con la squadra. Pensavo e ripensavo a quando mi sono infortunato, al 9 gennaio, però quando ho ripreso ad allenarmi con continuità e quando ho esordito non più. Durante i possessi palla all’inizio avevo flashback ma è una cosa normale. L’idea del documentario è stata quella di far vedere il percorso riabilitavo a livello fisico ma anche mentale. Posso dire di essere stato fortunato, nella sfortuna, ad essermi fatto male alla Juve perché è uno dei club più importanti al mondo e ha a disposizione le migliori strutture a livello sanitario. In quell’aspetto sono stato fortunato, è un top club ed è tutto ad altissimo livello. Dalla palestra ai campi, passando per le persone. I ragazzi che lavorano in serie minori non hanno tutto questo, quindi fanno 10 volte in più fatica rispetto a noi. A livello di infortunio ci sono infortuni peggiori, ora di solito ci si mette 6 mesi, anche lì ho avuto problemi nella riabilitazione ma ho avuto la fortuna di trovarmi in un ambiente per risolvere la situazione. Solo tantissimo rispetto per chi gioca in squadre e categorie meno blasonate che rientrano da un infortunio come il crociato. Si vede nel documentario alla fine: dai dottori al fisioterapista, che alla fine è stata una riabilitazione fatta insieme”.

L’aiuto dei tifosi: “Sì, davvero tanto ma mi aiuta tuttora. Sento molto la vicinanza, il supporto dei tifosi della Juventus e questo mi fa solo che piacere. Penso che l’affetto me lo sia guadagnato con le prestazioni in campo, da quello che do per la maglia e la gente lo vede. In quei momenti mi ha reso ancor di più felice perché ogni passo è stato fatto insieme ai tifosi della Juve, a chi mi vuole bene”.

Chiellini: “Giorgio, ma anche Bonucci e altri compagni come De Ligt, Vlahovic, mi sono stati vicini. Però come mi ha sempre detto Giorgio ogni riabilitazione è diversa. Lui non ha avuto problemi, forse un po’ all’inizio, mentre a me è andata benissimo all’inizio e poi ci ho messo un po’ a tornare in campo. Lì non ci puoi fare niente. Un crociato per due giocatori ha un percorso diverso. Giorgio aveva sempre male all’inizio a flettere la gamba, io invece nelle prime 3 settimane l’ho raggiunto senza grandi problemi. A livello emotivo si accomunano tutte le riabilitazioni. Nel suo infortunio, Giorgio ha detto che di positivo ha preso che ha passato tanto tempo con la famiglia. Quello che poi ho fatto anche io, l’ho preso come un consiglio quello di stare vicino alla fidanzata, alla famiglia. Viste le tante partite che giochiamo non si può fare”.

Idolo: “Da bambino è sempre stato Kakà, ora il giocatore che mi piace guardare di più è Mbappé. Scambio della maglia con lui? L’ho incorniciata, è fortissimo veramente, un fuoriclasse assoluto. È disarmante. Lui è più veloce, ha una facilità di allungo con la palla e una rapidità di piedi che vedi in pochi giocatori. Poi a livello realizzativo è fortissimo: uno che a 23 anni fa tripletta in finale Mondiale, se non è un fuoriclasse lui…”.

Numero di maglia: “Volevo cambiare numero. I numeri importanti per me sono dall’1 all’11: il 7 era libero, anzi me l’ha lasciato Dusan che voleva il 9. A livello di storia recente l’ha indossato uno che fa parte dei 5 più grandi della storia del calcio, quindi è ancora di più un onore. Il 7 della Juventus è stato indossato da Ronaldo, quindi ancora di più”.

Pallone d’oro? “Grazie mille ma pensiamo a vincere qualcosa quest’anno, soprattutto per quello che sta accadendo”.

Gol preferito: “Bella domanda. Mi piace quello contro l’Atalanta di novembre 2020, da fuori area. Ma anche il secondo contro il Porto, di testa. È stato magnifico segnare di testa, in Champions League”.

Piede preferito: “In campo devi prendere una veloce decisione. Mi alleno su entrambi i piedi durante le sedute, calciando di destro o di sinistro ma anche di testa. Così in campo prendi una scelta più rapida, è una questione di millisecondi”.

Partita che non dimentichi: “A livello emotivo con il Porto, agli ottavi di Champions con la Juve. Meritavamo di passare, non ci siamo riusciti e potevamo dire la nostra. Abbiamo fatto uno sforzo incredibile, mi è dispiaciuto, poi in una competizione come la Champions League. A livello positivo è stato bello vincere la finale di Coppa Italia segnando un gol”.

Collaborazioni: Juventus Planet.
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