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Dybala: “Juve, sogni ed emozioni. La 10 pesa tanto e so cosa significa”

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Dybala

Paulo Dybala, numero 10 della Juventus, si racconta ai tifosi rispondendo alle domande dei Junior Member. Di seguito riportate le sue dichiarazioni.

Chiamata Juventus: “In quel periodo una delle emozioni più grandi della mia vita. Ci sono state tante chiamate perché stavo facendo bene a Palermo. Ma quando il mio procuratore mi ha detto della Juve gli ho chiesto di non ascoltare nessun altro. Il fatto che la Juventus mi avesse scelto è stata un’emozione molto bella“.

Iniziare tardi a giocare: “È bellissimo quello che hai detto, lottare per i propri sogni. Mia madre voleva che studiassi di più rispetto al calcio, ma i miei fratelli le hanno fatto cambiare idea. Tu sei avanti come mentalità rispetto agli altri, iniziare dopo non vuol dire niente. Molti professionisti hanno iniziato a 13-14 anni. Tu sei mentalmente avanti pensandola così“. 

Sopportare le pressioni: “Quando arrivo allo Stadium o giochiamo in altri campi cerco di rilassarmi. A volte è difficile perché ci sono partite con rivali forti o che arrivano un periodo difficile. Ma è sempre un gioco, quando parlo coi ragazzi più giovani cerco sempre di dire che la cosa più bella è divertirsi dentro al campo o in piazza. È uno sport incredibile che ci porta delle emozioni, siamo diventati professionisti giocando da bambini“.

Come diventare un campione: “Do sempre gli stessi consigli, poi ognuno cresce in maniera diversa. Io sono nato in un piccolo paese fuori dalla città. Io e la mia famiglia abbiamo fatto tanti sacrifici per arrivare a giocare in Serie B argentina, una squadra molto lontana dalla Juve. Neanche mi immaginavo di arrivare qui, per me era inimmaginabile essere qui guardando da dove sono partito. La cosa importante è continuare a sognare e divertirsi dentro al campo“.

Rigori o punizioni: “Ultimamente le punizioni (ride ndr). Mi piacciono perché le alleno di più, un gol su punizione è più bello che uno su rigore. Ma sono entrambi difficili da tirare”.

Lettera Babbo Natale: “Credo che la lista è sempre lunga. Ci sono tante cose che si possono chiedere, alcune vicine e altre lontane. A livello calcistico spero che Babbo Natale possa portare la Champions alla Juve. Poi sapendo che c’è il Mondiale sarebbe straordinario vincerlo con l’Argentina. Sognare è gratis”.

Ruolo e Nazionale: “Ho sempre giocato lì, in Argentina quando nasce un bambino gli danno il pallone prima del ciuccio. Giocare in Nazionale è un sogno, uscire dal tuo paese per rappresentarlo è una delle cose più belle del mondo“.

Sogno: “Non avevo mai sognato di arrivare a questi livelli, di giocare nelle squadre più importanti del mondo o per l’Argentina. Tutto quello che ho vissuto non l’avrei mai immaginato. Ho sempre giocato perché mi piaceva il calcio e perché mi divertivo con i miei amici. Ma onestamente non mi ricordavo tutto questo“.

Dieta: “Mi piacerebbe mangiare di più, ma dobbiamo stare attenti. Abbiamo un nutrizionista che ci pesa e ci controlla, non mangiamo cioccolato, patatine, hamburger. Anche il mister si arrabbia. Cerchiamo di mangiare bene e fare una vita sana“.

Prima volta con la maglia della Juve: “Credo sia stato in finale di Supercoppa a Shangai. Ho capito subito cosa significa indossare la maglia della Juve. Avevo dei compagni incredibili, dei professionisti con grande esperienza che mi hanno aiutato a integrarmi subito. Non è facile indossare questa maglia, per la storia del club e per i grandi campioni che ci hanno giocato. La pressione è alta, le emozioni uniche. Fortunatamente è arrivato un trofeo, meglio non poteva iniziare“.

Vita da non calciatore: “Non lo so. Me lo sono sempre chiesto e non ho mai trovato nulla. Ora ho conosciuto tanti campi nuovi fuori e dentro al calcio. Mio padre aveva un’agenzia di scommesse e a volte lo aiutavo. Sono stato fortunato a giocare a calcio“.

Palermo: “Per me è stato un cambio enorme, giocavo in B argentina. Arrivare in Serie A per me è stato difficile. La mia famiglia mi ha aiuta tanto in quel momento, mia madre ancora adesso è con me. Ma a Palermo la gente mi ha accolto a braccia aperte e ho avuto tanti compagni sudamericani che mi hanno aiutato, anche ad imparare la lingua. Tutti la gente di Palermo e del club mi ha fatto sentire a casa. Mi hanno fatto diventare un uomo ed è anche a grazie a loro che sono qua“.

Maglia numero 10: “Pesa tanto. Bisogna sempre dare di più, non basta l’ultima partita o l’ultimo allenamento. Sappiamo cosa rappresenta nella Juve e tutti i fenomeni che l’hanno avuta qui. Tutti idoli che hanno vinto o il Pallone d’Oro o qualcosa di importante. Per me è un onore unico da quando la società mi ha chiesto di indossarlo, pur avendo già avuto il 21 che significa tanto qui alla Juve. Ho pensato tanto prima di accettare la 10 ma sono onorato, spero di dare indietro a tutti i tifosi qualcosa di spettacolare“.

Gol più bello alla Juve: “Dico sempre che è il prossimo. Peccato che non ci sia stato il pubblico ma quello che ho fatto allo Stadium contro l’Inter, del 2-0, per l’azione e l’avversario è stato uno dei più belli che abbia fatto“. 

Passione per il calcio: “Me l’ha trasmessa mio papà, mi portava ai provini e mi aspettava agli allenamenti. Senza di lui non avrei questa passione per il calcio“.

Dybala Mask: “È partita da un rigore sbagliato a Doha, ho sbagliato l’ultimo rigore in finale col Milan. Dopo avevamo tre giorni liberi che sono state le vacanze più brutte che ho avuto. Io sono moto appassionato dei gladiatori, che si mettono sempre delle maschere. Mi sono detto: “Devo fare come loro e dalla prossima devo divertirmi”. Da quel momento è nata la Dybala Mask e farla mi dà forza. Cerco sempre di farla a vedere a tutti perché so che aiuta me e i miei compagni a vincere“.

Momenti difficili: “Giocavo nel settore giovanile del Cordoba, ci sono entrato a 12 anni e ho fatto il mio esordio in Prima Squadra a 17 anni. Lì i giovani esordiscono prima rispetto all’Italia. Prima non ero mai saluto in Prima Squadra, ma molti miei compagni ci erano già stati. Arriva un momento in cui ti chiedi se stai facendo bene o no. Poi è arrivato un allenatore nuovo e lui faceva degli allenamenti mischiati col settore giovanile. In uno di quei provini c’ero anche io. In quella settimana tutto mi veniva fortunatamente e l’allenatore mi ha portato in Prima Squadra. Prima avevo tanti dubbi, ma è arrivato un momento in cui ho dovuto far vedere il massimo di me ed è stato il momento giusto. Da quel momento ho fatto l’esordio e ho iniziato a giocare da professionista. Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che il calcio non era per me“.

Primo gol in bianconero: “Non sapevo come festeggiarlo. Ero appena entrato ed era una finale. Vincevamo 1-0 per gol di Mandzukic. Difficile, se non impossibile immaginare un esordio come questo. Pogba mi aveva fatto l’assist e mi sono girato verso di lui per abbracciarlo. Le emozioni sono tantissime e difficili da spiegare, la testa va a duemila. Ma ero molto contento, meglio di così non si poteva iniziare“.

Rito pre gara: “Facciamo sempre merenda qualche ora prima. Mangio dei pancakes con miele e una banana. Cerco di stare leggero se no non mi posso muovere. Faccio sempre le stesse cose ma per tempi di organizzazione tra massaggi, palestra e spogliatoio. Le faccio per essere organizzato nel tempo in cui siamo allo stadio. Però entro in campo sempre col piede destro, ma a parte questo non ho riti particolari“.

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