CALCIOMERCATO
Calciomercato e crisi Serie A: Guido Vaciago ricorda le parole di Andrea Agnelli
Undici anni fa Andrea Agnelli denunciava i problemi del calcio italiano: stadi vecchi, gap economico e giovani trascurati. Nulla è cambiato

Andrea Agnelli e il monito sul calcio italiano: le parole (attualissime) di undici anni fa
Il calciomercato povero della Serie A, gli stadi obsoleti, il gap economico con i grandi club europei e la necessità di investire sui talenti: tutto già previsto dall’ex presidente della Juventus. Le riflessioni di Guido Vaciago su Tuttosport riportano alla luce una lettera del 2014 che sembra scritta oggi.
Il dibattito sul calciomercato italiano e sulla competitività della Serie A è tornato centrale in queste settimane. Il direttore di Tuttosport, Guido Vaciago, ha ricordato come molte delle criticità odierne fossero già state denunciate più di dieci anni fa da Andrea Agnelli, allora presidente della Juventus.
Le parole di Vaciago
Riportiamo integralmente l’estratto dell’analisi pubblicata da Tuttosport:
«Non stiamo assistendo a un calciomercato particolarmente ricco per la Serie A, che vede alcuni grandi talenti emigrare e attira grandi campioni solo se nell’ultima parte della loro carriera. Per il resto è singolare vedere come alcuni grandi club, che un tempo partecipavano alle aste per i fenomeni con il Real o lo United, ora semmai ne accolgano gli esuberi (o proprio gli scarti) e contendano i giocatori alla dodicesima in classifica della Premier. Una situazione sulla quale è intervenuto Andrea Agnelli.
I fatturati: «Le sfide che dovremo affrontare nei prossimi anni sono ancora più impegnative. I fondamentali economici dei competitor internazionali ci mettono di fronte ad una realtà evidente: il gap con i migliori club europei rimane elevato e il divario va ridotto per permetterci di aspirare a risultati in linea con la nostra storia internazionale. I nostri principali competitor, Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, Manchester United ci hanno distanziato nettamente sul piano del fatturato. Nessuna società italiana è riuscita a crescere al loro ritmo, sintomo di un limite strutturale. Spagna e Inghilterra hanno sviluppato brand globali con riflessi benefici sui singoli club, si cresce solo se il prodotto collettivo cresce».
Gli stadi: «Ho segnalato la necessità e l’urgenza di alcune riforme strutturali di sistema. Il nostro calcio ha necessità di grandi misure di carattere domestico e di un nuovo slancio verso i mercati internazionali. Lo Juventus Stadium, di cui siamo fieri e orgogliosi, rimane l’unico esempio di struttura sportiva all’avanguardia, in grado di rappresentare un modello di sicurezza e di offrire sia un’esperienza live, sia un’immagine televisiva di alto livello. Esso, purtroppo, rappresenta solo un ventesimo del potenziale “prodotto stadi italiano”: troppo poco affinché la gestione collettiva del calcio nazionale riesca a imprimere una decisa accelerazione. Lo sviluppo di nuove infrastrutture è il tema cruciale del prossimo quinquennio, durante il quale il calcio italiano dovrà saper scegliere tra competitività internazionale o marginalità, cui oggi pare condannato inesorabilmente».
I talenti italiani: «È necessaria una riduzione del numero di società professionistiche, accompagnato da una revisione della composizione delle rose per garantire alle Nazionali un adeguato rifornimento di giocatori convocabili. Sono priorità che andranno accompagnate da altre due importanti riforme con un unico comun denominatore: il talento. La prima è un’adeguata politica dell’immigrazione, che sia rispettosa delle leggi dello Stato, ma anche dello sviluppo del sistema e dei diritti umani. Infine il tema delle seconde squadre, poiché assicura una crescita dei talenti costante e armoniosa con un solido interscambio con la Prima Squadra. Una generazione di grandi calciatori italiani sta completando la sua carriera e il prossimo triennio dovrà farne crescere rapidamente una nuova, capace di raccoglierne il testimone».
Se siete arrivati a leggere fin qui, meritate la verità. Le dichiarazioni sono effettivamente di Andrea Agnelli, certificate dalla sua firma in calce. Apposta, però, sulla lettera agli azionisti juventini pubblicata nell’ottobre del 2014. Undici anni fa. Sì, ma sarebbe ineccepibile anche pubblicata oggi. Purtroppo. Perché in un decennio non è cambiato nulla, undici stagioni sono state gettate nella spazzatura, con qualche soddisfazione sportiva qua e là (l’Europa League dell’Atalanta, l’Europeo dell’Italia), ma trascinandoci dietro gli stessi identici problemi che, nel frattempo, hanno eroso ancora di più il potenziale del calcio italiano […]».
Un monito rimasto inascoltato
Le parole di Agnelli, scritte nel 2014 e riprese oggi da Vaciago, raccontano l’immobilismo del calcio italiano: la forbice economica con Premier League e Liga è aumentata, gli stadi restano inadeguati, la crescita dei talenti fatica a decollare.
Un decennio dopo, la diagnosi resta la stessa. E la sensazione è che il tempo sia stato sprecato, con il rischio che il nostro calcio perda ulteriormente terreno nel panorama internazionale.
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