PRIMA SQUADRA
Bremer: “Ho scritto un libro durante l’infortunio. Ora voglio riprendermi tutto”
Bremer si confessa: dopo otto mesi di stop torna a sorridere. Parla di Italia, nazionale e della rinascita personale durante l’infortunio.

Dopo otto mesi di assenza dai campi, Gleison Bremer è pronto a riprendersi la scena. Intervistato in esclusiva da Globo Esporte, il centrale brasiliano della Juventus ha parlato con sincerità del suo lungo periodo lontano dal campo, del lento rientro in gruppo e del desiderio di tornare protagonista anche in ottica nazionale.
Rientro: “Solo tornare a vivere l’ambiente è già importante”
“Mi sento felice di tornare di nuovo in questo ambiente, di rientrare poco a poco,” ha dichiarato Bremer. “Sto tornando con il gruppo, mi alleno un po’ con loro e poi a parte, in modo differenziato. Ma già vivere questo ambiente è importante per tornare bene nella prossima stagione.”
Durante l’infortunio: libri, chitarra e un nuovo equilibrio
Il difensore ha raccontato come ha vissuto i lunghi mesi di inattività: “Ho dovuto cambiare un po’, non potevo concentrarmi solo sull’infortunio. Ho scritto un libro, Bom dia, campeão, come coautore. Ho iniziato a imparare a suonare la chitarra. Mi ha aiutato tanto, ha tolto un po’ dello stress e il focus esclusivo sul campo. Ho letto molto: sto divorando libri, e ora sto leggendo Come evitare le preoccupazioni di Holiday. In questa fase, imparare a gestire l’ansia è fondamentale.”
Speranze verdeoro: “Con Ancelotti cambia tutto”
Bremer guarda avanti, con la nazionale brasiliana nel mirino. “Adesso con Ancelotti avremo un po’ più di vantaggio. Mi basta fare il mio lavoro, tornare bene e la convocazione arriverà. I precedenti CT guardavano molto di più alla Premier League. Con un allenatore italiano, invece, ci sarà più attenzione alla Serie A, soprattutto alla fase difensiva.”
L’Italia e la maturazione personale
Ripercorrendo il suo arrivo nel nostro Paese, Bremer ha sottolineato quanto il passaggio al Torino prima, e alla Juventus poi, lo abbiano fatto crescere. “Sono cresciuto molto, non solo come atleta, ma anche come persona. Mi sono adattato alla cultura europea e alla tattica italiana. Sono diventato un vero professionista, e questo mi ha aiutato tantissimo.”
