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CHAMPIONS LEAGUE

Yildiz-dipendenza, la Juve si salva: il turco è il faro nella notte polare di Bodø

Nella notte gelida di Bodø la Juventus si affida ancora a Yildiz: il talento turco entra e cambia la partita, illuminando una squadra in difficoltà.

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Yildiz

La serata di Champions League è stata meno amara di quanto molti tifosi della Juventus avrebbero immaginato. In un clima estremo come quello di Bodø, la squadra bianconera ha dovuto sporcare le mani, commettendo molti errori soprattutto nel primo tempo, ma dando anche una risposta che non si vedeva da tempo. E poi c’è quell’ormai solito dato, evidente da settimane: la Juventus è Yildiz-dipendente.

Nella notte gelida della Norvegia, le risposte arrivate sono state diverse. La prima: quando la Juventus decide di giocare senza paura, può innalzare nettamente il proprio livello, sia tecnico che tattico. Non sarà la squadra dei tempi di Higuaín, Dybala e Mandžukić, ma ha comunque tutto per dire la sua — a patto che, come ricordava un grande Francesco Repice, la paura venga bandita dallo spogliatoio bianconero.

Il secondo elemento riguarda Spalletti, apparso in forma smagliante. Cosa abbia detto ai suoi giocatori dopo i primi 45 minuti di nulla cosmico resta un mistero, ma una strigliata energica sembra aver prodotto gli effetti sperati. E finalmente stanno arrivando segnali positivi anche dal reparto offensivo: Vlahović a riposo, Openda e David entrambi a segno in momenti decisivi del match. Un “finalmente” che ci sta tutto.

Ma l’analisi più importante riguarda lui: Kenan Yildiz. La Juventus è — ormai senza più dubbi — Yildiz-dipendente. Con lui e senza di lui sono due squadre diverse. Il turco entra a inizio ripresa e la partita cambia completamente, come se avesse acceso una luce nuova. Una stella — e non è un caso, “Yıldız” in turco significa proprio stella — capace di brillare anche nella bufera di Bodø. Controlli su lanci di 40 metri che sembrano usciti da FC26, sterzate su un campo gelido dove molti faticavano a rimanere in piedi.

Yildiz ribalta la gara con la fame e la ferocia agonistica di un ragazzo di 20 anni che porta sulle spalle pesi da veterano. Quando nessuno sembrava voler prendere in mano la squadra, lui si è proposto ovunque: nello stretto, in profondità, in ogni modo possibile, come per dire “eccomi, cercatemi, ci penso io”.

Fortunati i 500 tifosi bianconeri che, congelati sugli spalti, hanno assistito all’ennesimo capitolo del predestinato. E, ovviamente, sono bastati 45 minuti per prendersi il premio di MVP del match: quando sei di livello assoluto, ti basta poco per illuminare tutto, anche in mezzo alla bufera.

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