Per te cosa significa Juventus: “Per me la Juve rappresenta una parte della mia vita. Mi ha costruito come persona e come professionista. Professionalmente la Juve è una parte di me”.
L’arrivo alla Juve: “In quegli anni la Juve era la squadra che vinceva la Champions, che vinceva coppe importanti. Era una cosa quasi irreale. Era particolare vedere Zidane allenarsi solo su un campo che era preparato tutti i giorni, non ce ne erano diversi. Sono cose che mi sono rimaste e come Marcello ci insegnava, la porta la portavamo noi, i palloni e tutto lo portavamo noi. Erano tempi diversi”.
Sul gruppo: “Io voglio parlare di te (Ferrara ndr), Iuliano, Montero, Pessotto, Birindelli, di gente che mi ha insegnato. Le parole vostre, di Del Piero. L’incazzatura per una partitella persa in allenamento. E’ una cosa che ogni tanto gli dico ai ragazzi. Si insegna con i fatti e con l’esempio, qui e con i miei figli, e con la coerenza. Devi stare sul pezzo tutti i giorni. L’allenamento è tutto, la partita è la cosa più facile”.
Su Bremer: “Ha un’importanza enorme da tutti i punti di vista. Come giocatore, come leader di cui questo spogliatoio ha bisogno. E’ un ragazzo buonissimo e poi in campo diventa cattivo. Sì abbiamo un buon rapporto, si mette a disposizione”.
Primo giorno da allenatore della Juve: “Sensazioni bellissime, io ho giocato poco da calciatore. Ho smesso presto, ho avuto grandi problemi di caviglie, ho fatto al mio massimo 4 anni, la mia carriera è di 5-6 anni di carrier seria, ho smesso a 28-29 anni. AVevo questa cosa di non aver dato tutto quello che avevo e quando ho iniziato, presto, ad allenare avevo questo sogno di allenare la Juve che si è avverato presto. Ho pensato che fossi in debito con questo club”.