PRIMA SQUADRA
Tra cene, parmigiano e vongole, Spalletti ha ridato un’anima alla Juventus (con i fatti)
Spalletti ridà un’anima alla Juventus: risultati, gioco e segnali concreti del nuovo corso bianconero
La Juventus è tornata?
Forse sì, ma è giusto andarci con i piedi di piombo. Negli ultimi anni dichiarazioni di questo tipo se ne sono sentite fin troppe, spesso accompagnate da aspettative importanti che poi non hanno trovato riscontro sul campo. La Juventus resta una squadra che per storia e peso specifico si porta dietro un carico enorme di ambizioni, ultimamente rimaste disattese.
Oggi la Juventus assomiglia più a un cantiere che a un’opera finita: una squadra che fino a poco tempo fa mostrava più zone d’ombra che certezze, con qualche sporadico lampo subito spento da ricadute improvvise. La differenza, però, è che per la prima volta non ci sono soltanto parole o buone intenzioni, ma anche dati concreti su cui iniziare a costruire una narrazione più solida.
L’uomo in più, Spalletti
Se c’è un vero punto di forza della nuova Juventus, oltre al rientro di un insostituibile Bremer, colonna portante del reparto difensivo, quello è senza dubbio Luciano Spalletti. Con lui in panchina sono arrivati nove risultati utili e una sola sconfitta, contro il Napoli, tra campionato, Coppa Italia e Champions League.
Spalletti non ha solo ridato linfa a un gioco che da troppo tempo appariva povero di idee, ma ha soprattutto restituito motivazioni e convinzione. I bianconeri sembrano una squadra finalmente rivitalizzata: il gioco è più fluido, compatto, meno scolastico ed elementare. C’è poi un aspetto tutt’altro che secondario, quello legato alla comunicazione. Spalletti ha dimostrato di sapere quando e come esporsi, scegliendo con attenzione tempi e parole per togliere pressione alla squadra e sottrarla alle solite punzecchiature mediatiche. Tra uscite apparentemente leggere – dalle cene con David all’ormai celebre riferimento al parmigiano sulle cozze – è riuscito a mantenere l’ambiente compatto e concentrato, evitando che venisse destabilizzato.
È il segno dell’esperienza di un professionista vero, di un uomo che conosce il campo ma anche le dinamiche di uno spogliatoio e di una piazza esigente come Torino. Una gestione a 360 gradi, fatta di calcio, leadership e controllo del contesto.
La partita contro la Roma ne è stata una dimostrazione chiara. Una Juventus aggressiva, che arrivava prima su ogni pallone, attraverso una manovra continua e non macchinosa, capace di togliere punti di riferimento agli avversari e allo stesso tempo di mantenere il controllo del match senza rallentare.
Anche Openda, molto criticato nelle prime apparizioni, è apparso completamente rigenerato: attacchi in profondità, duelli vinti, presenza costante e infine il gol del 2-0 a certificare una crescita evidente. In definitiva, la Juventus aveva bisogno come il pane di un allenatore capace di dare certezze, di prendere in mano il gruppo non solo con l’esperienza tecnica, ma anche con credibilità e fiducia nei propri uomini. Qualità che a Torino sembravano ormai un miraggio.
Per ora, senza proclami, quello di Spalletti è un bel regalo di Natale per i tifosi juventini.
