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SERIE A

Quanta inutile ipocrisia nei confronti della Superlega

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ft ceferin e agnelli

La definizione di demagogia, si può trovare su internet oppure sfogliando un normalissimo vocabolario. Essa definisce la “degenerazione della democrazia, per la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere”. Insomma, quello che è successo nella giornata di ieri nei confronti della Superlega.

Facciamo girare le lancette dell’orologio all’indietro

Era il 18 aprile 2021 e il mondo del calcio continuava a muoversi tra le intemperie del COVID. E in un attimo arrivò il primo terremoto. Nasceva la Superlega. O meglio, il primo formato: venti squadre partecipanti, di cui 12 permanenti. Lo scossone si fece sentire, le federazioni si opposero al progetto elitario. Da lì è nata una lunghissima battaglia che si è conclusa solo ieri. Eppure quello scossone, a cui le varie federazioni risposero con minacce, aveva già fatto scricchiolare qualcosa tra UEFA e FIFA. Le stesse federazioni che si attaccarono ai concetti del famoso “calcio del popolo”. L’applicazione elementare e lineare della parola demagogia.

Dopo due anni lo scenario si ripete, nell’incoerenza generale

Ora facciamo tornare le lancette al tempo presente. La Corte UE si pronuncia sulla presunta posizione di monopolio di FIFA e UEFA, dando ragione alla Superlega. Dunque le due federazioni non possono impedire la nascita di altri tornei. Il calcio è stato nuovamente colpito dal terremoto. L’intervento di Ceferin e delle varie federazioni è stato duro. In Inghilterra si è arrivati a ipotizzare una legge per impedire ai club inglesi di partecipare. Ecco, fermiamoci nel paese dei Tre Leoni. La prima volta ci fu una rivolta totale dei tifosi e anche oggi si è ripetuto ciò, stavolta con l’appoggio anche delle squadre. “Il calcio del popolo”, tutto molto bello. Però stiamo parlando dello stesso campionato che ha monopolizzato letteralmente il calcio europeo, inflazionando il mercato con cifre folli e meta sempre più ambita dei petrodollari arabi. Dunque, se il calcio è del popolo, come è possibile che i tifosi del Newcastle fossero tutti in piazza a festeggiare l’acquisizione del club da parte del fondo PIF? Oppure, qualcuno si ricorda cosa fosse il Manchester City prima dell’approdo dello sceicco Mansur?

Questo è quanto successo in Inghilterra. Ma come è andata con FIFA e UEFA? Opposizione netta e pugno duro, anche con il nuovo formato. Parola chiave: ideali. Esattamente quali? Perché ecco, non è che negli ultimi anni la FIFA e la UEFA si siano comportati in maniera impeccabile. C’è chi ha permesso la totale esplosione monetaria sul mercato favorendo le spese folli degli arabi (ipotizzando anche un loro invito nella Champions League) e c’è chi ha permesso di costruire un mondiale sulle morti silenziose di 6.500 operai. Però lì andava tutto bene e tutto era assolutamente a norma di calcio del popolo. Con chi poteva permettersi di sperperare soldi sul mercato senza ricorrere alle sanzioni dell’inutile e di facciata Fair Play finanziario e una competizione mondiale di uno sport che dovrebbe esprimere la totale libertà in un paese come il Qatar non esente da costrizioni. Un festival dell’ipocrisia. Perché se il calcio fosse esattamente del popolo, come paventato anche dalle squadre che si sono opposte, non ci sarebbero abbonamenti alle pay tv da pagare oppure i biglietti per accedere alo stadio sarebbero nettamente più bassi.

Il calcio sta attraversando un momento di stallo, c’è bisogno della novità

Ai piani alti sembra non rendersi conto che il calcio, lo sport per cui noi siamo disposti a fare anche trasferte di mille chilometri, sta attraversando una pericolosa fase di stallo. I formati attuali, per quanto affascinanti, non riescono più ad attrarre il pubblico. I prezzi per vedere le partite allo stadio sono in rialzo e i diritti televisivi hanno di fatto schiavizzato il mondo del pallone. Ormai si sente la necessità di cambiare il mondo del pallone e la Superlega è un’idea del tutto innovativa. C’è nel basket e funziona bene. Darebbe visibilità a molte più squadre rispetto ai formati attuali. Ma soprattutto può essere un’arma per contrastare i venti provenienti dall’Arabia, specie dopo il mercato estivo.

Personalmente non c’è nulla di strano in questa proposta. Il tempo passa e va avanti. Negli ultimi anni il calcio si è adagiato sugli allori e sull’agiatezza raggiunta. Ma tutti i grandi imperi sono destinati a cadere e nessun re governa per sempre. Forse, prima di attaccare con frasi farcite di finto perbenismo, sarebbe il caso aprire gli occhi e, in qualche modo, accettare il cambiamento. Qui non si tratta di salvare “il calcio del popolo”. Si tratta di salvare il sistema calcio.

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