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Giuntoli: “Juve di Lippi emblema del club. Dispiaciuto per Fagioli. Ecco cosa mi ha convinto a venire…”

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Dal Festival dello Sport di Trento, per l’ultima giornata dell’evento organizzato da La Gazzetta dello Sport, è intervenuto il dirigente della Juventus Cristiano Giuntoli. Di seguito le sue parole, riportate da Gianluca Di Marzio.

Sulle condizioni di Chiesa e Vlahovic: “Chiesa e Vlahovic? Chiesa non lo so come sta, Vlahovic ha fatto anche qualcosa con la squadra. Penso potremo schierarlo. Promesse per il mercato? Non è mai facile, a volte ci sono occasioni. Sono molto vigile e attento ma non posso fare alcuna promessa”.

Milan-Juve? Dobbiamo mantenere questa direzione: voler fare senza paura. Dobbiamo affrontare la sfida con voglia di vincere, è un crocevia importante per l’autostima. Si deve trovare consapevolezza che ancora non abbiamo. Noi crediamo molto nei nostri calciatori, vogliamo crescere con loro. Molte volte questo calcio frenetico ci fa bruciare tappe e il terreno che gli creiamo è fondamentale per i risultati”.

Sulle scommesse:Siamo molto dispiaciuti per Nicolò (Fagioli, ndr). Il ragazzo si è dimostrato disponibile nei confronti degli enti. Il nostro compito non è solo quello di punirlo – e lo faranno gli enti predisposti -, ma dobbiamo rieducare un sistema e abbiamo delle responsabilità secondo me”.

Sullo Scudetto: “Ci sono dei progetti partiti prima di noi: Milan, Inter e lo stesso Napoli. La prima cosa nostra è quella di crescere e tornare in Champions League. Lo scorso anno la Juve è arrivata terza ma non ci è andata per altri motivi. Poi ovviamente non ci vogliamo limitare”.

Sul gioco della Juventus: “L’obiettivo è sempre quello di vincere le partite. Poi da lì devono essere analizzate le gare: in una gara che non hai vinto ci sono delle cose che non sono andate bene. Se non prendi gol ma entri poco in area, vuol dire che sei stato anche fortunato. La squadra è molto più giovane dello scorso anno e quindi abbiamo preso più intensità. La volontà da parte di tutti è fare qualcosa di più: siamo paradossalmente contenti di quello che abbiamo fatto. Poi si può sempre migliorare”.

Sulla Next Gen: “Importante soprattuto dal punto di vista tecnico. Anche perché quelli che vengono dall’estero, si trovano a calcare la prima squadra dopo aver respirato l’aria della Juve. Yildiz, Iling, Soulé, Huijsen: ci sono tanti ragazzi bravi e siamo fiduciosi. Le altre squadre? C’è bisogno di investimenti: dopo il covid c’è stato un momento difficile. Ora è arrivata l’Atalanta e probabilmente arriverà il Milan”.

Sull’arrivo alla Juve: “Mi ha convinto la passione per questo club. Alla fine la Juve è sempre la Juve e torneremo a fare quello che abbiamo sempre fatto. Ci vorrà un po’ di tempo. Sicuramente è una sfida. Abbiamo fatto un progetto con la proprietà e il mister. Ci vuole rispetto per i tifosi e per chi viene a vedere le partite. Dobbiamo lavorare ogni giorno per riportare la Juve dove merita”.

Sul mercato: “Stiamo andando in un percorso per valorizzare i ragazzi a disposizione. Ci stiamo riuscendo ma possiamo fare meglio. C’è qualche mese per arrivare a gennaio, vediamo se ci saranno delle opportunità. Ora stiamo pensando alla prossima gara”.

Sugli allenatori e su Allegri: “Ho avuto la fortuna di incontrare dei grandi uomini e allenatori. La fortuna di un club è di avere un grande allenatore ma la cosa più importante è proteggero. Per farlo devi capire come pensa per dargli suggerimenti o avere un confronto per capire quale sia la strada giusta. Ci credo molto nel rapporto con l’allenatore. Allegri? Ha una grande personalità, fa fare alla squadra quello che ha in testa senza crearsi alibi. Quello che mi ha stupito è l’applicazione che mette come se fosse il primo giorno. Ha una grande dedizione al lavoro“.

Su De Laurentiis – “De Laurentiis lo ringrazio, con lui c’è stato un rapporto straordinario. Abbiamo lavorato costantemente ogni giorno. Mi ha insegnato tanto, forse anch’io qualcosa a lui”.

Sullo scudetto col Napoli: “Lo scudetto è stata una grande soddisfazione. Quando siamo arrivati con Maurizio nel 2015 a Napoli c’era una buona squadra già. Abbiamo iniziato il primo ciclo lì, nel secondo ciclo poi abbiamo comprato altri giocatori. Abbiamo lavorato su uno spartito chiaro e poi ci ha dato soddisfazioni. Sono arrivati Meret, Mario Rui, Zielinski che ora sono dentro da tanto tempo. Luciano è stato bravissimo ma anche Gattuso ha fatto un grande lavoro. L’anno precedente anche potevamo vincere ma l’infortunio di Osimhen e Di Lorenzo ci ha limitato un po’”.

Sui vari giocatori comprati: “Di errori se ne fanno tanti. Di dinamiche ce ne sono troppe: a volte anche un buon giocatore può non essere corretto in quella dimensione. I numeri e gli algoritmi è giusto vederli ma prima vado sull’emozione. Gli allenatori li chiamo alle 2 di notte? Dipende, spesso non vado a letto presto. Il giorno penso molto alla gestione: mi capita di chiamare agenti, collaboratori, ecc. Sono momenti in cui riesco a programmare il futuro”.

Sull’arrivo al Carpi“Quando uno diventa un vertice di un club importante, deve capire le esigenze da parte di tutti. La mia volontà era di andare in Serie B e non in Serie A ma alla fine ci sono riuscito col Carpi. Bellissimi gli anni con Castori, vincemmo il campionato col miglior attacco ma con il peggior possesso palla e infatti ci vennero a studiare da tutte le parti per capire come fosse possibile. Calcio transepocale? Perché era un calcio molto essenziale, si dimostrò attuale perché ci permise di andare in Serie A. Lasagna? Un ragazzo bravissimo e velocissimo e fummo bravi a portarlo a casa. L’Aglianese? Lì ha iniziato anche il mister Allegri ad allenare, corsi e ricorsi storici”.

Sulla scuola e sull’inizio da dirigente: “A scuola ero bravo, non avevo molta voglia ma buona capacità di apprendimento. C’è un momento in cui uno deve prendere una strada e ho scelto il calcio. Mia madre non era così contenta ma poi scelsi quella della passione. Stare sospeso per tanti anni e non essere né carne e né pesce, per la famiglia dava pensiero ma alla fine ce l’ho fatta. Io dirigente? Io sono un aggregante per natura, già negli anni passati facevo gestione e poi me ne sono accorto. Per tutti ero un punto di riferimento naturale. Giusto che faccia sentire la mia voce e il mio volto perché rappresento un club importante ma non mi piace apparire. Voglio pensare più al noi: la parola Juventus inizia col “you” e finisce con “us”.

Sul tipo di giocatore che era, Giuntoli ha detto: “Non ero molto veloce ma avevo una buona lettura del gioco. Sono stato un buon giocatore di medio-basso livello. Non avevo un grande motore ma me la sono cavata. Qualcosa sto facendo e voglio fare ancora molto da dirigente. Il tempo effettivo comunque era breve, molto diverso da oggi. Io ho fatto tante partite nei dilettanti e nei regionali: ti aiuta con i giocatori di ora perché valuti meglio i dettagli. Una volta Albiol fece due errori: era arrabbiato ma io gli dissi che secondo me voleva sopperire a un errore di un compagno. Mi chiese come avessi fatto a capirlo. Il giocatore deve essere contento di essere giudicato da una persona che è in grado di capire“.

Sulla famiglia: “Mio padre? Era proprio un fanatico della Juve. Io avevo più una visione a 360 gradi, lui era un grande tifoso. Mi manca un po’ la condivisione con lui di questi momenti. Sarebbe stato contento e orgoglioso ma anche un po’ preoccupato oggi. Nella mia famiglia sono tutti juventini: anche loro hanno il senso di responsabilità per questo club che amano”.

Le sue parole sul percorso: “Col club Prato Juventus andavamo a vedere la Juve. Sono stato un bambino che ha sognato molto. La passione nasce da mio nonno dove si parlava di calcio, di ciclismo. La prima volta allo stadio? A Bologna, non mi ricordo quale partita fosse ma ci fu tanta pioggia. La prima che ricordo è Pistoiese-Juventus: situazioni particolari perché dovevamo stare zitti e non esultare ai gol (ride)”.

Sulla Juventus del passato: “La Juve che più amato forse quella di Platini e Boniek. Voglio ricordare anche quella di Lippi perché penso sia stata veramente l’emblema del club. Marcello ha fatto una cosa straordinaria. Le vittorie hanno tutte un grande fascino in tutte le categorie. La vittoria più importante? La prossima”.

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