UNDER 20
Montero si racconta a Sportitalia: “Impatto alla Juve? Una squadra di campioni ma umili. Sulla mia carriera…”
L’allenatore della Juventus Under 19 ed ex calciatore bianconero, Paolo Montero, ha raccontato un po’ la sua carriera durante una lunga intervista ai microfoni di Sportitalia. Tanti i temi trattati: dal passato da calciatore fino alla nuova esperienza da allenatore.
Di seguito riportate le sue parole.
Sull’approdo in Italia da ragazzo: “Ho avuto Menotti come allenatore nel Penarol che mi ha fatto conoscere i dirigenti dell’Atalanta che vennero a vedermi in Uruguay, dopo abbiamo fatto una tournée a Cagliari dove giocammo con Cagliari, Atalanta e River Plate e li decisero di comprarmi, portandomi in Italia nel 1992. All’epoca non c’era ancora il passaporto comunitario era molto difficile farsi notare, ho avuto la fortuna di trovare Lippi che poi mi ha voluto anche alla Juve. Per arrivare c’è sempre bisogno di una mano.”
Sull’impatto alla Juve: “Quando sono arrivato a Torino mi ha sorpreso l’organizzazione che c’era nella squadra, io subito dormivo con Ciro Ferrara, loro arrivavano dalla vittoria della Champions. Il primo impatto è stato con una squadra di campioni ma umili, che ti insegnano come bisogna comportarsi a certi livelli per restarci per tanti anni.”
Sulle tante espulsioni: “Io ho sempre interpretato così il calcio, tanti rossi non li meritavo, altri però sì. Io anche nella vita sono così, passionale, ho sempre cercato di dare il massimo in tutto quello che faccio. Tante volte era necessario per fermare questi campioni, che ti saltavano quando volevano allora ognuno aveva la sua strategia, tante volte purtroppo bisognava ricorrere al fallo per fermarli. Non era semplice ogni domenica, menomale che con Ciro ci completavamo bene.”
Sui trofei e i rimpianti alla Juve: “Nessun trofeo mi è rimasto nel cuore più di un altro, il rammarico più grande sono le finali di Champions perse, sono stato comunque un privilegiato e continuo a esserlo.”
Sulla finale di Manchester: “Prima la vivevo normale, ma dopo che ho saputo che il mister voleva farmi giocare terzino gli dissi di no. Birindelli secondo me aveva marcato alla grande Figo in semifinale e io gli dissi con sincerità che avrebbe dovuto far giocare lui, ma il mister ha insistito e io ho giocato, ma i primi 20 minuti su Shevchenko feci malissimo. Dopo la finale sono rimasto a Torino, dopo il rigore sbagliato e penso che sia stata una settimana, soprattutto i primi due-tre giorni della vergogna. Quando perdo io non vado neanche al supermercato, mi vergogno, sono stati 2-3 giorni bruttissimi.”
Sull’amicizia con Iuliano: “Io e Mark Iuliano eravamo gli scapoli, giravamo sempre insieme, abbiamo fatto quasi tutta la carriera insieme, con lui ci mancava solo di dormire insieme. Passavo quasi tutto il giorno a casa sua.”
Sul ruolo da difensore: “Oggi per giocare centrale se non pensi come un mediano non riesci, oggi il difensore deve anticipare, e deve giocare propositivo, in avanti, come si dice spaccare le linee, se non giochi così oggi fai fatica a grandi livelli.”
Sulla scelta di diventare allenatore: “Ho inziato a viaggiare per fare il procuratore, ma non mi è mai piaciuto, un giorno ho deciso di cambiare e mi sono iscritto in Uruguay al corso, ho iniziato lì poi dopo che mi sono trasferito in Italia mi sono iscritto al corso di Coverciano e adesso mi trovo qua. Ho lasciato il mio paese 17 anni fa e sono sempre venuto a Torino perché la città mi fa impazzire.”
Su Del Piero e Zidane: “Sono stati, soprattutto come dico ai miei figli, più grandi come uomini che come calciatori, loro come Peruzzi sono un esempio, mi hanno insegnato l’umiltà, si meritano tutto quello che hanno ottenuto.”
Sulla Juve Primavera: “Il campionato è molto simile alla C, molto competitivo, ci sono allenatori molto preparati, io continuo a fare esperienza, sono contento di essere tornato alla Juve. Il mio lavoro è di far crescere i ragazzi per la Next Gen e per la prima squadra. Ci sono dei giocatori con dei valori importanti, qualcuno infatti già è in C.”
Sull’ideologia di calcio: “ La mia esperienza da calciatore aiuta, soprattutto nel rapporto con i giocatori, io credo tanto nel rapporto, nella chimica. Aver giocato mi permette di spiegare meglio certe dinamiche, durante le partite. Agli attaccanti magari non so spiegare che movimento devono fare non essendo stato punta, ma posso fargli capire che difficoltà può avere il difensore. Per me è importante che siano i giocatori a scegliere cosa fare in campo, sono loro che si devono esprimersi, io cerca di lavorare per loro, noi siamo qua per la Juventus e soprattutto per i giocatori.”
Su Mancini e Yildiz: “Il loro futuro è nelle loro mani, dipenderà solo da loro“.