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La Juventus, Gatti e la classe operaia
La zuccata di Gatti e l’urlo dello Stadium, in attesa dell’Inter i bianconeri sono primi. La Juventus c’è e ci crede. Lotta su ogni pallone e centimetro, assetata di vendetta e riscatto dopo anni difficili. E se la Juventus si sta contendendo il primato con l’Inter è anche grazie a quella classe operaia su cui i bianconeri, in ogni generazione, hanno sempre fatto affidamento. Nel segno della fame, del sudore e della fatica.
Partita dai ritmi alti, difesa solida e attacco ancora a secco
Sicuramente è una Juventus diversa rispetto a quella della passata stagione. Cattiva, aggressiva e volenterosa. Non è bella da vedere e non lo sarà mai in questo secondo ciclo di Allegri. Però c’è un altro atteggiamento, si vede che la squadra ci crede. L’atteggiamento della squadra è positivo. La compattezza resta impressionante e conferma la Juventus come miglior difesa della Serie A. Giganteggiano Danilo e Gatti, bene Bremer. Strepitoso Szczęsny, anche se ha rischiato tanto sul rinvio errato. Bene anche Chiesa, che dà la sempre la sensazione di essere frizzante e di poter creare sempre pericoli.
Continuano però a mancare i gol delle punte. Nelle ultime sette gare solo un attaccante ha segnato, ovvero Vlahovic nel big match contro l’Inter. Prima del serbo ha segnato solo Milik nel derby della Mole. Ieri il serbo ha avuto l’occasione per segnare e Natan è stato strepitoso, ma non è stato lucido nel primo controllo. Detto questo, il giocatore è uscito tra fischi sconcertanti e ingiustificati. Vlahovic gioca in un contesto che non lo esalta per niente e in ogni caso l’attaccante è stato importante perché ha tenuto su diversi palloni e li ha smistati anche bene. Su questo aspetto sono evidenti i passi in avanti. I fischi sono esagerati, negli ultimi anni la tifoseria ha preferito attaccare i singoli anziché analizzare i contesti. No a un Dybala bis.
Il personaggio: Federico Gatti, l’altro operaio di casa Juventus
Nella sua storia la Juventus più volte si è affidata a giocatori umili, che arrivavano dalle serie inferiori e che alternavano il pallone al lavoro. Fu così con l’amato Gaetano Scirea, il volto pulito del nostro calcio sparito troppo presto. È continuato con Anastasi e Furino, è proseguito con Ravanelli e Maurizio Torricelli. Giocatori che contemplavano nel loro modo di vedere il calcio il logoramento fisico, il “dare tutto per la giusta causa“. Ora c’è Federico Gatti a condurre questa tradizione. Lui che nel 2018 giocava in Serie D nel Verbania e che approda nel professionismo solo nel 2020 con la Pro Patria.
L’intuizione di Guido Angelozzi, un direttore sportivo che reputa le serie minori come delle miniere di talento, porta Gatti in Serie B. Da lì è l’inizio della storia che oggi noi conosciamo. Federico Gatti rappresenta appieno quello spirito combattivo condito dal senso di sacrificio a cui la Juventus si è affidata in ogni suo ciclo. La voglia di lottare su ogni pallone, lo sganciamento dalla difesa per fornire respiro ai compagni di squadra. E che oggi lo hanno portato ad essere il titolare nella Juventus e il difensore più prolifico nei cinque campionati europei.