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Juventus: capitolo campionato chiuso, così come il ciclo di Allegri

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La Juventus crolla contro l’Udinese in una gara che tutto lasciava intendere meno che un 0 nel punteggio. Una sconfitta che fa malissimo per due motivi: innanzitutto perché i bianconeri non hanno mai dato la sensazione di poter fare male, in secondo luogo perché consegna il campionato all’Inter di Simone Inzaghi.

L’ultimo grande disastro: un crollo mentale da provinciale, non da Juventus

Un punto nelle ultime tre gare, un rendimento da squadra che lotta per la salvezza. Con l’Empoli ha pesato il rosso di Milik, anche se le colpe non mancano (vedasi gol di Baldanzi). Contro l’Inter si è vista una Juventus interessata più a non prenderle che a darle e nel match clou di questo periodo nero è arrivata l’abdicazione. Sembra il percorso di una provinciale che disputa un ottimo campionato per poi crollare sul più bello. Dal possibile sorpasso al solo punto di vantaggio sul Milan terzo. Non è comportamento da Juventus.

Il gioco resta povero

Fino alla sfida con l’Empoli c’è stata una Juventus capace di segnare tanto, trascinata da Vlahovic e dalle giocate fresche di Yildiz. Contro Inter e Udinese si sono visti tutti i limiti della fase offensiva della squadra. Se non c’è la giocata estemporanea la partita non decolla. E ieri l’Udinese non ha dato mai la possibilità ai bianconeri di provare la giocata. L’unica magia è stata firmata da Cambiaso, una verticalizzazione improvvisa su cui Yildiz non è riuscito a trovare la zampata. Questa squadra continua a vivere sull’improvvisazione. Dà il meglio quando si trova a condurre, ma quando si trova ad attaccare o a inseguire si limita ad un gioco lento, orizzontale, senza giocate tra le linee e che spesso si conclude con la palla sugli esterni che cercano il cross.

La comunicazione di Allegri: superata, crea mediocrità

Le parole del tecnico Massimiliano Allegri nel post partita non hanno convinto. Reputare buono il primo tempo è una mancanza di rispetto nei confronti dei giocatori stessi e verso la tifoseria, che ieri si è fatta sentire fischiando alla fine della sfida. Prima di tutto perché abitui i giocatori alla mediocrità, al semplice svolgimento del compitino. In seguito non può reggere la storia della squadra “giovane” e con “poca esperienza” per poter ambire allo scudetto. Ci sono giocatori che hanno giocato gare in Champions, che hanno vinto scudetti e coppe nazionali, che sono abituati a lottare per certi obbiettivi. È un po’ come dire che sono i giocatori ad essere scarsi.

Possiamo magari discutere che la qualità non sia così eccelsa, però questa è una squadra che ha dei giocatori importanti. Non si parla di una Juventus come poteva essere quella di Ferrara o di Delneri. Non è nemmeno la Juventus del primo anno di Conte, dove la squadra si presentava ai nastri di partenza con più scommesse che certezze. Così come la favoletta della lotta Champions. Quello al massimo era ed è l’obbiettivo minimo. Quando ti ritrovi a -1 dalla capolista devi avere il dovere e l’obbligo di provarci fino alla fine. Senza scuse. Perché Massimiliano Allegri ha sempre avuto scuse, Maurizio Sarri e Andrea Pirlo invece non ne hanno mai avute. Loro al massimo hanno avuto solo colpe.

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