PRIMA SQUADRA
Giuntoli a La Repubblica: “Per la Juve ho guidato fino ad Amsterdam. Per vincere serve tempo, c’è un programma preciso condiviso” [PRIMA PARTE]
Cristiano Giuntoli, Football Director della Juventus, è stato intervistato da Repubblica. Ecco le sue dichiarazioni.
SUL PADRE TIZIANO: “Mi vengono i lucciconi a pensare di non poter condividere tutto questo con mio babbo Tiziano, che se ne è andato nel 2005. Al paese se lo ricordano tutti, il babbo, lui era juventino fanatico, adorava Charles e Sivori, io sono cresciuto leggendo Caminiti su Tuttosport, i miei idoli erano Platini e Boniek. E poi Zoff, Gentile, Cabrini…“.
CRESCIUTO NEL BAR SPORT: “Non volevo mai andare all’asilo, per la disperazione di mia mamma Cosetta, insegnante. Allora mi tenevano al Bar Pancano. A cinque anni sapevo fare i cappuccini, ho le foto dietro al bancone. Mio nonno materno, Vivante, era bravissimo a fare i gelati, io ero il suo aiutante con le sorbettiere. Stavo lì fino a tardi, incantato ad ascoltare gli adulti parlare di calcio e ciclismo, sono convinto ci fossero almeno una decina di direttori sportivi validi lì in mezzo. C’era la tv in bianco e nero, ci ho visto Cassius Clay, Panatta, il Giro. Mia madre mi voleva laureato, dopo lo Scientifico ho dato 19 esami ad Architettura, poi la passione viscerale per il calcio ha prevalso. Scelta non facile: ero un difensore a cavallo fra dilettanti e professionisti, volenteroso, cattivo, ma senza un futuro assicurato. Ecco, mio padre mi è stato dietro sempre, anche nelle scelte più dure”.
DIRIGENTE: “Ho avuto una lunga formazione. Negli ultimi anni da calciatore ero un punto di riferimento per presidenti e allenatori. Dopo il ritiro sono andato a Carpi come collaboratore, finché il presidente Bonacini non mi ha affidato la gestione sportiva”.
TIFOSO JUVENTUS: “Mi sento a casa. Ricordo le prime trasferte col babbo: a Firenze, attenti a non esultare, o a Bologna, dove una volta abbiamo preso l’acqua tutto il tempo, e a mia madre avevamo detto che eravamo in tribuna coperta, oppure a Pistoia, gol di Cuccureddu, Brady, Tardelli. Poi le trasferte in bus a Torino con un club di Prato. E nel ’98 guidai fino ad Amsterdam per la finale di Champions persa con il Real, gol in fuorigioco di Mijatovic, mi è rimasta qui. Il giorno dopo ero regolarmente a fare allenamento con l’Imperia”.
FOTO CON INZAGHI: “Le racconto la storia che c’è dietro: 1998, settimana di Juve-Inter, la Juve fa un’amichevole con l’Imperia, Inzaghi è reduce dalla ferita al labbro contro il Monaco, venti punti di sutura. Lippi entra negli spogliatoi, parla con il mio compagno Sbravati, chiede chi è l’altro centrale, che sarei io, e si raccomanda: “Ragazzi, Pippo rientra ora, andateci piano”. Quello che non sapeva Lippi è che io ero anche a Montecarlo, fra i tifosi, quando Pippo era stato ferito. Ecco perché nella foto lo marco a distanza di tre metri…“.
LAVORO ALLA JUVENTUS: “Io ho sempre fatto con quello che avevo a disposizione, per indole e per convinzione. In un momento di grande crisi del calcio italiano, c’è bisogno di fare di necessità virtù. Inseguire la sostenibilità, creare un meccanismo di autosussistenza in cui puoi spendere in base a ciò che incassi. Abbassare il monte ingaggi e l’età media, avere più giovani che possano crescere nel club e costituire un valore. In più, creare un ambiente che guardi non solo al risultato ma alla prestazione”.
VINCERE NON E’ PIU’ L’UNICA COSA CHE CONTA? “Vincere è la cosa più importante, ma se vogliamo crescere dobbiamo analizzare le prestazioni, e questo richiede tempo”.
QUANTO TEMPO: “rAgioniamo sulla media distanza, ma porre un termine significa anche creare un limite, e i limiti sono per i mediocri. C’è un programma preciso condiviso dall’ad Scanavino, da Allegri, da me e da Manna: tornare in Champions. Ci serve anche per avere una vetrina in cui far crescere i nostri giovani, perché devono potersi confrontare con i più bravi in Europa. Per il nostro obiettivo dichiarato le rivali sono Atalanta, Fiorentina, Lazio, Roma. Poi ci sono Napoli, Milan e Inter che sono avanti rispetto a noi, perché il loro progetto è partito molto prima”.