CALCIOMERCATO
Comolli: “La cultura della Juve la decidiamo insieme. I dati? Fondamentali per tutto. Ho parlato con Matuidi e Trezeguet”
l nuovo CEO della Juventus, Damien Comolli, parla di cultura del club, dati, scouting e leadership all’Hudl Performance Insights 2025. Le sue parole integrali
Comolli all’Hudl Performance Insights 2025: “La cultura della Juve nasce dal basso. I dati? Sono la base di tutto”
Damien Comolli, nuovo amministratore delegato della Juventus, è stato ospite principale a Hudl Performance Insights 2025, prestigiosa conferenza dedicata all’analisi dei dati nel mondo dello sport, in programma a Londra.
Le sue dichiarazioni, riportate da La Gazzetta dello Sport, offrono una fotografia precisa della filosofia con cui intende guidare il club bianconero: cultura, dati, leadership e un nuovo approccio al reclutamento.
Di seguito tutte le sue parole integrali.
Reclutare gli allenatori: “Nel contratto inserisco ciò che promettono nel colloquio”
Comolli ha aperto toccando un tema importante: il rapporto con gli allenatori.
“Tutti gli allenatori nel colloquio con il club fanno la propria presentazione e dicono che tutto va bene. In realtà, quando iniziano ad allenare, dicono che tutto va male. Ora invece io inserisco quelle frasi nel contratto, per ricordare agli allenatori ciò che avevano detto.
Io nel colloquio dico: ‘Noi lavoriamo così, questi sono i nostri processi, i dati guidano la scelta dei giocatori, i calci piazzati, la prevenzione degli infortuni e molto altro. Se le va bene è così, altrimenti ci stringiamo la mano e ci salutiamo’. Il coach deve abbracciare questa filosofia.”
La cultura del club: “Il DNA della Juventus è vincere, ma la cultura nasce dal basso”
Uno dei passaggi più importanti riguarda i valori bianconeri.
“Trascorro il 30% del mio tempo pensando alla cultura del club, perché penso che non si raggiungano risultati senza una cultura.
Ho chiesto a Matuidi e Trezeguet, per citarne alcuni, quale sia il DNA della Juve. Tutti rispondono nello stesso modo: ‘Vincere’.
La cultura è qualcosa di diverso, è costruita dal basso verso l’alto.
Abbiamo avuto un grande meeting questa mattina per capire quale sia la nostra cultura.
Ho detto a tutti: ‘Voi decidete chi siamo, io posso dare qualche linea di indirizzo, ma la cultura si decide dal basso’.
La cultura sono i valori del club.”
L’uso dei dati: “La Juve sapeva che sarei arrivato con questo approccio”
Comolli conferma che la Juventus lo ha scelto proprio per il suo metodo.
“RedBird al Tolosa mi ha selezionato per guidare l’organizzazione con i dati.
La Juve sapeva che sarei arrivato con i dati perché quello è il modo in cui penso io, è parte del mio modo di guidare il club.
La chiave per il corretto uso di dati è un allineamento dall’amministratore delegato a scendere.
La relazione tra management e allenatore spesso è il grande ostacolo, il punto in cui si rompe.
Serve un ponte, una persona che abbia la conoscenza dei dati e parli il linguaggio del coach.
Se c’è questa persona e un allenatore è aperto, il ponte funziona. Altrimenti no.”
Dati nella vita quotidiana: “Misuravamo lo stress dello staff ogni giorno”
Il dato come strumento non solo tecnico, ma umano.
“Al Tolosa veniva misurata la condizione mentale di tutti i membri dello staff quotidianamente, per capire se c’era stress, se non avevano voglia di venire al lavoro. È stato decisamente utile.
Abbiamo scelto di non assumere chi non era motivato.
Parlando di campo, al Tolosa vietavamo cross e tiri da lontano.”
I dati nello scouting: “Dal numero di tocchi capisci la personalità”
Comolli entra nel dettaglio di come valuta i calciatori.
“Al Tolosa cercavamo la personalità in un giocatore.
Dai dati si può capire la personalità dei giocatori.
Chi tocca la palla molto dimostra personalità. Anche se c’è una linea sottile tra volere la palla ed essere egoista.
Arsène Wenger mi diceva: ‘Sono sempre gli stessi che fanno il passaggio giusto e gli stessi che segnano’.
Aveva ragione.”
Leadership: “Se entro in ufficio con un mood negativo, lo trasmetto a tutti”
La leadership per Comolli passa dall’esempio.
“Se vuoi essere un modello dal punto di vista comportamentale, devi essere te stesso. Devi trovare il posto dove sei a tuo agio.
Se una persona ti guarda camminare dal parcheggio all’ufficio, riesce a comprendere come stai.
Io so che se entrerò in ufficio con un mood negativo, si spargerà un mood negativo. Lo stesso in positivo.
Voglio intorno a me persone che mi correggano.
Al Tolosa l’ho detto a chi lavorava con me: ‘Se esco dalla cultura del club, dovete dirmelo; se compro un giocatore che la tradisce, dovete dirmelo’.”
L’aspetto umano: “Studio sempre. Ho paura di essere superato dall’industria”
Una riflessione personale molto sincera.
“Non sono un soggetto che scrive, non so spiegare il perché.
Magari è un trauma, in passato mi hanno obbligato a scrivere e ho sviluppato questo trauma.
Ho persone che cercano cose nuove per me e mi dicono: ‘Dobbiamo implementarle’.
Leggo e imparo tutto il tempo, non mi fermo mai.
Ho paura di essere superato dall’industria, ho paura di mancare una innovazione e per combattere questa paura studio sempre.
Non leggo mai di calcio, è noioso.
Leggo articoli scientifici sui dati, metodologie, recupero dagli infortuni.
Leggo libri su come guidare le persone e su come negoziare.
Cerco di imparare dagli altri sport, non dal calcio.
Quando ho una riunione, voglio essere il meno intelligente nella stanza.
Se sono quello con le idee buone nella stanza, c’è qualcosa di sbagliato.
Non mi piacciono gli arroganti. Ho visto molti fallire perché erano talentuosi, non umili.”
Il futuro dei dati: “La differenza tra un attaccante normale e uno top è psicologica”
Comolli chiude con una visione molto avanzata del futuro dell’analisi.
“Il passo successivo è usare i dati meglio nel settore giovanile, per capire chi ce la farà, come prevenire gli infortuni o l’utilizzo eccessivo dei giocatori.
Storicamente si reclutano giocatori nati nella prima parte dell’anno, ma i dati dicono che chi ce la fa spesso è nato nella parte finale dell’anno. È così stupido.
Al Tolosa reclutavamo molti giovani nati dopo agosto.
La questione da un milione di dollari è capire che differenza c’è tra un attaccante di medio livello e uno top. Non può essere solo tecnica, è psicologica.
Ho visto Sinner a Torino e pensavo: per giocare così devi essere estremamente concentrato e rilassato allo stesso tempo.
Come davanti alla porta: serve l’abilità di rilassarti e respirare in meno di un secondo.
Il futuro dei dati, con o senza intelligenza artificiale, è misurare le ideali connessioni tra gli 11 giocatori.
Se capiremo chi si connette meglio con chi, cambieremo tutto.”
