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PRIMA SQUADRA

Cantiere aperto: la Juve trova il carattere, ma non la chiarezza offensiva

Il verdetto di Albanese: Il pareggio è un’ocassione persa, ma c’è un’identità.

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​Il pareggio della Juventus a Firenze ha acceso il dibattito sulla reale consistenza della squadra di Luciano Spalletti. Nonostante l’amarezza per un’occasione persa, specialmente in vista del cruciale impegno europeo, le analisi del giornalista Giovanni Albanese a SportItalia offrono una panoramica lucida tra i progressi ottenuti e le pesanti carenze strutturali che affliggono i bianconeri. La Vecchia Signora è stata descritta come un “cantiere aperto”, uno stato a metà tra una rinascita tattica e un’incapacità cronica di tradurre il gioco in risultati pieni.

​Il tecnico Spalletti ha il merito di aver infuso “ordine e una direzione tecnica precisa”. La squadra, rispetto all’anonimato della scorsa stagione, mostra una chiara impronta: vuole “comandare, non reagire”. Si notano progressi nella mentalità, con una crescita nella personalità del gruppo che mantiene la compattezza e prova sempre a giocare, non sfaldandosi nelle difficoltà.

​A SportItalia, il giornalista Giovanni Albanese ha analizzato così il pareggio della Juventus contro la Fiorentina. Le sue dichiarazioni. 

PAROLE – «L’1-1 del Franchi racconta una squadra viva, capace di reagire, ma ancora lontana dall’identità che Luciano Spalletti cerca di imprimere da quando è approdato sulla panchina bianconera. Un risultato che non pesa solo sulla classifica, ma anche sulla percezione del percorso intrapreso.

Il primo merito dell’allenatore è aver restituito ordine e una direzione tecnica precisa. La Juve prova a mantenere il pallino del gioco, costruisce dal basso, cerca trame pulite e movimenti sincronizzati. L’impronta è chiara: una squadra che vuole comandare, non reagire. Alcuni meccanismi offensivi iniziano a funzionare, e soprattutto si percepisce una crescita nella personalità del gruppo.

La mentalità è un altro punto a favore. Spalletti insiste sul concetto di carattere, a tratti la Juve risponde: mantiene compattezza, non si sfalda nelle difficoltà, prova sempre a giocare. È un passo avanti rispetto all’anonimato della scorsa stagione.

​L’altra faccia della medaglia, però, è ancora pesante. A Firenze la Juventus ha peccato nella qualità dei passaggi, nella lucidità nelle scelte, nella pulizia tecnica nei momenti decisivi. Errori che non si addicono a una squadra che punta a rimanere stabilmente nell’élite. La manovra è spesso lenta, prevedibile, e la finalizzazione resta un problema cronico.

​Vlahović alterna lampi e blackout, Yildiz fatica a trovare continuità, mentre il centrocampo non sempre garantisce verticalità. La sensazione è che la Juve produca molto meno di quanto dovrebbe rispetto al volume di possesso.

Sul piano difensivo permangono fragilità strutturali: la linea non sempre sale con i tempi giusti, le transizioni difensive restano un tallone d’Achille e alcuni blackout individuali pesano più del dovuto. Spalletti chiede attenzione e coraggio, ma la squadra spesso si inceppa.

Ora lo sguardo si sposta sulla Champions League, dove arriva una partita tutt’altro che banale contro il Bodo/Glimt. Una sfida che può sembrare abbordabile sulla carta, ma che nasconde insidie: il Bodo è squadra fisica, aggressiva, capace di attaccare in velocità e colpire sulle seconde palle. Esattamente il tipo di avversario che mette a nudo i limiti della Juventus attuale.

Per uscire indenne – e possibilmente con una vittoria obbligata per il percorso nel girone – serviranno intensità, precisione e soprattutto cinismo offensivo. Non basterà il possesso sterile, né un’interpretazione scolastica. Spalletti dovrà alzare il livello di aggressività, chiedere ai suoi maggiore velocità di pensiero e una maggiore presenza in area.

Il pareggio di Firenze non cambia la narrazione: la Juventus è un cantiere aperto, con luci promettenti ma ombre ancora profonde. Contro il Bodo si capirà se i bianconeri hanno iniziato a trasformare le idee in sostanza. Una vittoria darebbe slancio e conferme, un passo falso aprirebbe crepe difficili da gestire. La Juve di Spalletti è sulla strada giusta, ma ora servono fatti. E l’Europa non aspetta».

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