PRIMA SQUADRA
Bonucci: “Sogno la Champions, se non da giocatore almeno da allenatore della Juve”
Leonardo Bonucci, nel corso dell’iniziativa ‘Junior Reporter’ andata in onda sul Twitch della Juventus, rispondendo alle domande dei piccoli tifosi bianconeri, ha ammesso che la Champions rappresenta il suo sogno non ancora realizzato. Queste le sue parole:
“Io volevo diventare campione d’Italia e campione d’Europa. Ho vinto lo Scudetto con la Juve e l’Europeo con la Nazionale. Se non dovessi riuscire a vincere una Champions League con la Juventus, il mio obiettivo è vincerla da allenatore”.
Gol più importante: “Il gol in finale di Europeo e il rigore dopo, se sbagliavo l’Inghilterra sarebbe diventata campione d’Europa. Quei gol sono stati i più pesanti. Alla Juve, il primo, il primo in Champions dopo tutta la vicenda della Juventus e il ritorno in quella coppa. Cross di Pirlo su calcio d’angolo, speriamo di farne 2-3 importanti. Quello alla Roma? Più fortuna, ho messo il piede e dove va, va. O fuori lo stadio o fai quel gol lì. Quello con lo Shakthar lo provi in allenamento, poi gli altri due importanti per l’Italia, che è un po’ diverso”.
Idolo: “Alex Del Piero. Sempre stato juventino. Ho cambiato ruolo e ho iniziato a pensare da Pro, Nesta su tutti è stato un esempio per il ruolo che ricopro. L’eleganza, la pulizia negli interventi, la posizione, gli anticipi. E’ stato uno dei difensori più forti della storia, ricordo la prima volta che l’incontrai… feci fatica a chiedere la maglia, è stato un esempio per tutto”.
Sull’esultanza: “Gioco coi miei amici. Quando vivevo al Viterbo, passando dal Bari alla Juventus, in una cena, in un gruppo di laziali, interisti e milanisti, mi dissero che non avrei avuto personalità… mi dissero di fare il gesto di sciacquarsi la bocca. Allora ho detto: esulto così. Se faccio 5 gol, vi rasate i capelli. Quando vedevo i bambini poi mi salutavano così e ho pensato potesse essere qualcosa di carina. Poi ci hanno costruito polemiche, ma le mie esultanze sono un riconoscimento per gli amici. L’amicizia è importante e va coltivato in ogni aspetto. I miei amici? Abbiamo una chat dove ogni mattina ci salutiamo. Gruppo di amico storico più due o tre aggiunti, spesso ci vediamo qui oppure organizziamo. Come detto, l’amicizia è un valore importante che deve avere delle basi importanti. Per me sono il punto di riferimento”.
Attaccante più forte: “Ne ho incontrati tanti, Drogba non mi faceva dormire la sera prima. Uno che non mi ha fatto dormire, è stato Zapata dell’Atalanta. Le doti fisiche, le sue skills mi hanno dato molta apprensione. Nel corso degli anni, studiandolo, qualcosa è migliorato e sono riuscito a fare qualche buona partita”.
Sulle 500 presenze: “Dobbiamo tenere duro questi 3 mesi. Sì, ci penso. E’ un conto alla rovescia cominciato da un po’. Ultimi mesi difficili da guardare da fuori. Anche giocare un minuto domenica è stato importante”.
Giocatore più forte: “Come compagno di squadra, tolto Cristiano che la risposta sarebbe scontata, credo che Tevez sia quello che mi ha impressionato di più per tecnica e leadership, di fame nel voler ottenere gli obiettivi. Come avversario, in generale, ho sempre ammirato Modric sopra tutti. La poesia che trasmette quando gioca nel modo di toccare la palla, nelle idee di gioco è sensazionale. Ci sono state partite in cui Immobile mi ha messo in difficoltà, Zapata nell’uno contro uno. Un giocatore che mi ha messo in difficoltà è stato Vlahovic, sa attaccare lo spazio e tirare. Ora vedremo”.
Miglior partita: “Quella con il Chelsea, con Pirlo, abbiamo vinto 1-0 con Chiesa. Forse una delle migliori partite, ho fatto un errore su Lukaku che poteva costarci caro. Ma quella partita lì è stata quasi perfetta. BBC? Con Buffon pure che ci dava una mano”.
Lo scudetto più bello: “Il primo, 2011-2012. Nessuno credeva in noi, in pochi avevamo vinto. Vedere cos’ha suscitato quella vittoria è stato davvero qualcosa d’incredibile da vivere. L’affetto dei tifosi è stato qualcosa di incredibile e ci ha trascinato. Vedere così tanta gente quando abbiamo festeggiato col pullman scoperto è stato emozionante”.
Vestire questa maglia: “Per me è stato il sogno di una vita, la realizzazione di qualcosa che rincorri facendo tanti sacrifici. Con i poster in camera di giocatori che hanno vestito questa maglia. Davanti alla chiamata della Juventus, è stato davvero: oh, allora ce l’ho fatta ad arrivare dove sono arrivato. Lì è iniziato il sogno di vincere con la Juventus. Ho amato due maglie nella storia: la Nazionale e la Juventus. Da capitano? Orgoglio. Motivo di responsabilità, anche. Devi essere da esempio. Devi trasmettere quelli che sono i valori. In campo e fuori. Alla Juve e in Nazionale non ti alleni per giocare, ma per vincere. Sembra poco, non lo è”.
Sul tuo ruolo: “Ho iniziato a fare il difensore a 16 anni e mezzo. Mi piaceva giocare a centrocampo per mettere in condizioni di far gol gli attaccanti. Poi, se capitava, la palla fuori area, qualche gol l’ho fatto. Accettare di fare il difensore è stato più difficile. Da centrocampista magari non avrei giocato in eccellenza. Da centrale invece ho fatto una bellissima carriera. Un po’ mi manca, qualche gol l’ho fatto, un pieno di emozioni in quei 4-5 gol all’anno”.
Gol decisivo: “Piacere puro. Adrenalina pura. Con la Roma ottenemmo una vittoria importantissima. Quando fai gol, così importante, e senti tutto il calore e l’entusiasmo, tutta l’adrenalina e l’energia dello stadio addosso, è una sensazione difficile da ripetere e risentire in altre situazioni. Fatto qualche gol importante e mi sono goduto ciò che mi circondava. I compagni, lo stadio, vedere le facce dei tifosi, indemoniati dall’entusiasmo e dalla foga. Dall’incitare dopo un gol. Sensazioni che nella vita si fa fatica a riprendere”.
Sulla sfida di Nantes: “Si va per vincere, per una grande prestazione. Bisogna andare con la consapevolezza che sarà una partita dura, difficile, con l’obiettivo in testa. L’Europa League, una volta dentro, è l’obiettivo della stagione. Come sto? Sto riprendendo la condizione, è una settimana che mi alleno ed è positivo. Sono stato fuori tanto, mi sono portato dietro quest’infortunio per qualche mese. Ora è importante stare nel gruppo e dare il contributo che si può dare. Anche 10-20-30 minuti, ognuno deve essere consapevole che quei minuti devono essere i più importanti della stagione”.
Su Chiellini: “Vi posso svelare che c’è stato un Chiellini pre infortunio e post infortunio. Prima le partite lo provavano molto, le preparazioni erano piene di pressione; dopo l’infortunio è stata la svolta, ha pensato solo a viversi quei due-tre anni di carriera. Vedevi una persona completamente diversa, sereno e rilassato; è stato proprio bello vedere questo suo cambiamento, non è facile dopo una carriera vissuta così mantenendo concentrazione di sempre”.
Fonte: Il Bianconero