PRIMA SQUADRA
Jarre (psicoterapeuta Fagioli): “Appare fuori dallo stereotipo del calciatore. Gli manca il calcio, sogna l’Europeo”
Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, il dottor Paolo Jarre, psicoterapeuta che sta seguendo Nicolò Fagioli nel suo percorso di recupero, ha parlato del centrocampista della Juventus: “Partecipa regolarmente ad incontri settimanali, mette in atto tutte le prescrizioni che gli vengono date, continua anche con gli incontri pubblici di testimonianza. Mentre la squalifica calcistica sta quasi per finire, il mio lavoro con lui ancora no perché la terapia richiede un periodo minimo di almeno un anno e noi abbiamo iniziato soltanto a ottobre”.
Tipo di paziente: “Appare un po’ fuori dallo stereotipo del calciatore “viziato”, è una persona riflessiva e consapevole. Però non c’è intelligenza o sensibilità che protegga dalla vulnerabilità verso questa tipo di dipendenza. È abbastanza imprevedibile, si poggia in parte su base genetica in parte su base personale, ma totalmente “interclassista”. Quando uno chiede aiuto non dico che è a metà del percorso ma ne ha fatto un buon tratto: sul gioco azzardo e l’alcol, che sono comportamenti legali, è molto frequente che le persone neghino il problema”.
Sugli Europei: “Una delle fantasie che lui coltiva senza farsi illusione è quella degli Europei. Abbiamo ricordato insieme la vicenda di Paolo Rossi, squalificato per due anni per calcioscommesse, era rientrato a giocare a fine maggio come sta succedendo a Nicolò, e allora Bearzot lo aveva convocato per il Mondiale, che l’Italia vinse e lui fu capocannoniere. Un esempio evocativo, anche se le circostanze erano diverse perché Fagioli non è stato squalificato per illecito sportivo, non ha mai scommesso sulla propria squadra”.
Spalletti: “È uno stimolo, sarebbe importante se Spalletti ne tenesse conto dal punto di vista educativo perché arriverebbe un messaggio forte per gli altri giovani che hanno lo stesso problema: se ci si cura, si ottengono risultati anche nella propria professione. Ovvio che a Nicolò manchi giocare a calcio, ma più ancora gli manca lo spogliatoio prima e dopo la partita. Se gli avessero dato un mese in meno di squalifica, avrebbe avuto più tempo per cercare di strappare la convocazione in azzurro”.
Ritorno in campo: “Il rientro in campo è un momento delicato: ci sarà il piacere del gioco e dei successi, però comporta anche il rischio di dimenticare, invece lui deve ricordarsi tutti i giorni non per un motivo morale ma per proteggersi. Il cerchio non si chiude: finisce la squalifica ma non la cura, bisogna vedere se mantiene l’impegno con se stesso, deve lavorare su quello”.